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  PERSONA
 

L’uomo prima della maledizione di Adamo
Giovanni Cianti
, 5 Maggio 2009

Osservare e studiare la vita dei nostri lontani antenati ci consente di capire molte più cose sull’uomo di quante ce ne abbiano spiegate 10.000 anni di storia e di civiltà. Il nostro DNA si è andato plasmando nell’arco di milioni di anni e oggi siamo sostanzialmente identici ai nostri primitivi progenitori nei bisogni, nelle aspettative e nel funzionamento dell’organismo. Le conferme ci vengono da archeologia, biologia e da quegli straordinari fossili viventi che sono arrivati fino ai nostri giorni, le scarse e perseguitate popolazioni di indigeni - rimaste isolate dalla civiltà - ferme alle abitudini e ai ritmi della preistoria. Visto con ironia può sembrare un patetico ripescaggio del mito del buon selvaggio ma se si abbandonano le sovrastrutture moralistiche e romanzesche che hanno caratterizzato questa figura, il concetto di uomo vero in armonia con l’ambiente, cooperativo, naive, sano, forte e coraggioso non può che confermarci il paradiso che abbiamo perduto. La scienza oggi ce ne dà certezza.

La persona e la sua felicità
Proviamo ad immaginare una piccola tribù di ominidi, due, tre milioni di anni fa. Come farebbe un branco di leoni, cacciano quando hanno fame e si trastullano nell’ozio dopo che hanno riempito la pancia. Giocano con i propri cuccioli e insegnano loro le asprezze della vita, si accoppiano quando la stagione e il cibo lo consentono, esplorano nuovi territori e si ingegnano curiosi in nuove scoperte. Al primo posto il rispetto per l’individuo, per la persona come diremmo oggi. E’ infatti l’individuo il vertice dell’evoluzione. E’ lui che porta dentro di sé i geni da trasmettere, è in lui che avvengono tutte quelle mutazioni casuali delle quali le più idonee serviranno alla specie per adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente. La vita ha scelto questo mezzo, esseri mortali che trasmettendo le proprie caratteristiche consentono alla propria specie di evolversi. Se la scelta fosse caduta sull’immortalità sicuramente la vita oggi non esisterebbe più. Quindi la persona, non la specie è il portatore in questa staffetta. Ma l’individuo per adempiere al suo compito deve essere libero. Solo se è libero può realizzare quanto gli viene richiesto dall’esistenza e solo allora è felice perché in armonia col suo compito sulla Terra. La libertà è il bene supremo dell’essere vivente, più importante della vita stessa, prova ne sia che qualsiasi animale, uomo compreso, privato a lungo della libertà si ammala e spesso si lascia morire. Libertà di muoversi, spostarsi, pensare, esprimere il meglio di se stesso, realizzare i propri progetti. E non c’è solo questo nella nostra evoluzione. Dal momento che nella preistoria l’impegno per procurarsi il cibo era limitato e periodico, si era soddisfatti di ciò che l’ambiente ci offriva finché questo consentiva di vivere e di riprodursi tranquillamente, le società primitive - quasi un paradosso – erano ricche e affluenti. L’ozio, il tempo libero, lo svago – della cui mancanza oggi tutti soffriamo - erano per l’uomo preistorico la normalità dell’esistenza. Per milioni di anni i nostri progenitori sono stati liberi e felici, noi purtroppo da 10.000 anni non lo siamo più. Infatti l’agricoltura e di conseguenza la civiltà con le loro costrizioni e i loro vincoli hanno seriamente compromesso il valore e la libertà della persona a favore della gente, della massa, di stereotipi e di interessi di pochi contrabbandati come valori superiori.

I ritmi dell’esistenza
Dalla cellula più insignificante fino alla complessità dell’uomo tutti i ritmi dell’esistenza sono scanditi dal cosmo del quale  facciamo parte. Sono quindi il frutto dell’ambiente e dei comportamenti che l’ambiente ha imposto, ripetuti per milioni di anni. Così si è modellata la nostra biologia. Facendo parte del sistema solare le nostre scansioni temporali sono:

·        il giorno, dovuto all’alternarsi della luce e del buio, evidenza della rotazione della Terra sul proprio asse

·        il mese, correlato alle fasi della Luna

·        le stagioni, successione di clima diversi dovuta all’inclinazione dell’asse terrestre e all’orbita ellittica del pianeta attorno al Sole

·        l’anno, il periodo che il nostro pianeta impiega a compiere l’orbita attorno alla sua stella.

Puramente arbitraria e artificiosa è la scansione settimanale, priva di correlazione con i ritmi del cosmo, che venne introdotta dall’agricoltura solo poche migliaia di anni fa.  La settimana che evidenziava la sostenibilità fisica del lavoro dei campi fu prescritta dalla legge mosaica (il settimo giorno Dio si riposò) ed è passata poi al Calendario Romano.

Il ritmo giornaliero o circadiano. Ai fisiologi dello sport è ben nota la stretta relazione che esiste tra esercizio, alimentazione, riposo e produzione ormonale. Gli zuccheri ingeriti stimolano la produzione di insulina ad esempio, il lavoro intenso aumenta la produzione del testosterone e così via. Di conseguenza studiare l’andamento della produzione ormonale ci dà importanti informazioni sui ritmi e le abitudini dei nostri progenitori. Una sorta di reperto biologico fossile che ci chiarisce come gli umani si siano comportati per milioni di anni. Gli ormoni dell’utilizzo energetico, testosterone e cortisolo sono prodotti alle prime luci dell’alba segno evidente dell’inizio dell’attività dei nostri progenitori – è l’Africa la culla del sapiens - nelle ore meno calde della giornata. L’insulina che deposita grassi e zuccheri sale a fine mattinata, corrispondente al riposo unito ad un pasto frugale probabilmente bacche, miele oppure semi. Segue poi un calo generale dell’attività ormonale che riprende nel tardo pomeriggio con l’aumento del testosterone e si conclude col picco notturno del GH, evidenza di una cena più copiosa a base di carne. Se durante il giorno l’impegno fisico è stato moderato, nel corso della notte tutta l’energia spesa viene così facilmente recuperata.

 

CORTI-

SOLO

 

 

 

 

 

 


 

TESTOS-

TERONE

 

 

 

INSULI-
NA

 

 

 

GH

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

H 4,00

H 8,00

H 12,00

H 16,00

H 20,00

H 0,00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il ritmo di più giorni, ultradiano. Proviamo ad immaginare un piccolo branco di australopiteci o di habilis a caccia. Per ore, ma più probabilmente per giorni (come i Boscimani ancora oggi ci evidenziano) si seguono tracce, si snidano animali, si corre dietro alla preda. In questa fase è possibile nutrirsi solo con qualche uovo raccolto da un nido, alcuni insetti, bacche o miele selvatico. E’ richiesta potenza, velocità, destrezza, serve il testosterone. Il corpo si logora sotto il sole e nella lotta con l’animale. Ma una volta che la preda viene uccisa c’è carne per tutti a volontà e va mangiata subito, mica si può mettere in frigo e poi chissà quando capiterà di nuovo un’altra preda così succulenta. Tutti iniziano a divorarne finchè ce n’è, finche si sentono scoppiare. Poi chissà forse saranno ancora vegetali, semi e radici fino alla prossima preda. L’attività di raccolta in termini di fisiologia sportiva equivale ad un lavoro di natura aerobica, bassa intensità, magari protratto ma non esaustivo. L’ossigeno che arriva ai tessuti consente l’utilizzo di tutti i substrati energetici, proteine, grassi e zuccheri in varia percentuale. Non derivandone danni tissutali è sufficiente un buon pasto e una notte di riposo per un recupero completo. Viceversa la caccia (o la guerra ovviamente) presuppone episodi brevi di elevata potenza, velocità e intensità, interrotti da pause meno intense e attinge soprattutto dal sistema anaerobico con utilizzo prevalente dei fosfati cellulari. Si produce una lisi severa del tessuto muscolare e una conseguente infiammazione che può richiedere anche molti giorni per compensarsi.  Il processo di rigenerazione è ovviamente accelerato dall’alimentazione ricca di proteine. Lo studio di questo ciclo[1] dice molto su attività, alimentazione e riposo degli umani nella preistoria. Se ne possono trarre utili indicazioni:

·        Attività. A periodi brevi e intensi di lavoro devono seguire fasi prolungate di attività moderata oppure di riposo.

·        Alimentazione. La scarsità di cibo e la tipologia degli alimenti (spuntini poveri di calorie, proteine e fibre ma ricchi di grassi saturi e colesterolo insieme a una discreta quantità di zuccheri) della fase di caccia rappresentano – come gli studi più recenti confermano - la nutrizione ideale per incrementare la produzione di testosterone. La caccia così può proseguire con l’aggressività, la velocità e l’efficienza necessarie. L’abbondanza di calorie e proteine concentrate in pochi pasti copiosi che caratterizza invece i giorni successivi alla cattura della preda, stimolano insulina e GH. Si ricostruisce così il patrimonio tissutale, si deposita il glicogeno nei muscoli e nel fegato, si rinforzano ossa e legamenti. Scende la produzione di testosterone e in parte aumenta la sua escrezione renale, ma in questa fase non sono indispensabili grandi quantità di tale ormone. La scarsità di zuccheri introdotti ha determinato nella nostra storia evolutiva una forte resistenza all’insulina - comune peraltro a tutti i carnivori - necessaria a mantenere l’omeostasi glicemica. Inoltre alimentazione e attività in ciclica alternanza hanno fatto una fondamentale differenza, evitando l’instaurarsi di  iperglicemia cronica il fattore scatenante della Sindrome Metabolica. Anche l’apporto proteico non è mai stabile, si concentra nei momenti di reale necessità. Infine, non meno importante, l’energia spesa per procurarsi il cibo ha una precisa corrispondenza con l’energia che questi apporta, quella relazione fisiologica ed equilibrata che l’agricoltura ha interrotto 10.000 anni fa.

·        Riposo. Il ciclo della caccia e del riposo vede brevi periodi di lavoro, lasciando ampi spazi al riposo, alla cura dei cuccioli e di sé, all’ozio. Questo spazio esistenziale, profondamente inciso nella nostra psiche ci porta ad odiare la routine del lavoro giornaliero come lo conosciamo oggi, un ritmo innaturale al quale non ci siamo adattati e mai ci potremo adattare.

GIORNI

1           2           3

4            5          6         7         8         9

FASI

CACCIA

RIPOSO

ATTIVITA’

Correre, saltare, uccidere, inseguire, lottare.

Mangiare, dormire, accoppiarsi, curare i cuccioli, raccogliere bacche e radici, oziare.

CIBO

Svariati, piccoli spuntini, bacche, miele, uova, insetti. Insufficienti calorie e proteine, scarse fibre, analoghe quantità di grassi saturi e zuccheri

Pochi pasti molto abbondanti a base di carne, radici e altri vegetali. Pochi zuccheri e grassi, elevate proteine.

ORMONI

Elevata produzione di testosterone.

Elevata produzione di insulina e GH.

I ritmi mensili. La fertilità femminile è regolata dalla disponibilità di cibo. In periodi di carestia e stress il cortisolo prodotto dal surrene insieme ad altri meccanismi fisiologici rallenta le funzioni ipofisarie. La ridotta produzione di gonadotropine e GH impedisce la riproduzione. L’estro non interrotto delle femmine è fenomeno recente, evidenziato peraltro dalla presenza stabile delle mammelle sul petto delle donne ed è caratteristico del surplus alimentare portato dall’agricoltura. Nella preistoria madri magre, ma ben nutrite e fisicamente molto attive evitavano complicanze come il diabete gestazionale e garantivano figli eccezionalmente sani e robusti ben attrezzati nei confronti delle malattie metaboliche. Una evidente necessità visto l’alto tasso di mortalità infantile di allora.

MESI

 

G

F

M

A

M

G

L

A

S

O

N

D

Testosterone

 

 

 

GH

 

 

 

Cortisolo

 

 

Insulina

 

 

ACROFASI CIRCANNUALI: da Hallberg e coll. 1983 in B.Tarquini “Cronobiologia pratica” Ed. Esculapio, Bologna 1984

 

 

 

 

 

 

 

I ritmi stagionali. L’andamento stagionale della produzione ormonale ci evidenzia l’intervento della natura atto a garantire la sopravvivenza nei mesi più rigidi e la riproduzione nei mesi più favorevoli. Una elevata produzione di cortisolo da gennaio ad aprile infatti, garantisce energia ricavata dai tessuti muscolari - in quel momento scarsamente importanti – mentre alti livelli di testosterone da luglio a novembre stimolano l’accoppiamento con nascite nella tarda primavera e in estate quando le condizioni di vita sono più favorevoli. Sempre in autunno GH e insulina ai massimi livelli garantiscono l’accumulo di proteine, grassi e zuccheri per superare con successo l’inverno. Di questi ritmi ritroviamo traccia ancora oggi, nonostante le abitudini completamente diverse, si ingrassa un poco in inverno e ci si “asciuga” in estate, nei mesi di luce e di sole siamo più attivi sessualmente, inverno e primavera ci vedono malinconici e indeboliti, più predisposti alle infezioni.

GC

 

IL MITO DEL

BUON SELVAGGIO


L’espressione buon selvaggio appare per La prima volta ne “La conquista di Granada” di John Dryden (1672). Il ritratto idealizzato

di “gentiluomo della natura” viene rafforzato grazie alla politica di esplorazione e colonizzazione del nuovo mondo e caratterizza il sentimentalismo di tutto il diciottesimo secolo. In pratica esalta la vera essenza dell’uomo senza il condizionamento della civiltà. Il concetto verrà ripreso da Jean-Jaques Rousseau nel 1700, l’uomo è essenzialmente “buono” e i comportamenti “corrotti” sono la conseguenza della civiltà. Questa idea rimarrà viva nei romanzi di Mary Shelley ad esempio, fino agli scritti di Aldous Huxley nel ventesimo secolo. Ritenuto troppo condiscen-dente e irreale perché sterotipato, il mito del buon selvaggio viene oggi considerato quasi una forma di razzismo.

LA PERSONA NEL POPOLO  DEI PIGMEI
L’individuo per i Pigmei ha il valore supremo. Tutta la famiglia è al servizio della persona. Esiste una sostanziale parità di diritti tra uomo e donna pur nella diversità delle funzioni e delle attività tribali. Si agisce in accordo, nessuno comanda o si impone. Se manca l’accordo ognuno agisce secondo le proprie convinzioni senza imposizioni di altri.

ORMONI DELL’ATTIVITA’  ORMONI DEL DEPOSITO

Nella fisiologia animale si trovano due distinte classi di ormoni, ormoni che utilizzano l’energia e ormoni che ne fanno riserva. I primi, principalmente cortisolo e testosterone sono detti anche steroidi perché sintetizzati dal colesterolo. I secondi, insulina e ormone della crescita o GH, sono proteici, cioé catene di aminoacidi. Profondamente diverse, queste due classi di ormoni vengono prodotte dall’organismo in maniera inversamente proporzionale, quando gli steroidi salgono, insulina e GH scendono e viceversa. In natura i due processi, spesa energetica e recupero non avvengono mai contemporaneamente.

 

I RITMI  DEI PIGMEI
Sveglia al canto del gallo, colazione, poi ognuno alle proprie attività o svaghi. Piccoli spuntini nell’arco della giornata e infine la cena, abbondante al tramonto. Infine  danze e chiacchiere intorno al fuoco. Altro che primitivi!

 

 

[1] G.Cianti ALLENATI E ALIMENTATI CON I CICLI NATURALI (2005) Elika, Forlì