info@giovannicianti.org  
HOMEBIO WORK'N UPDATE  ADVANCES
     
  SALUTE
 

Dieta e riproduzione
Giovanni Cianti, 8 Novembre 2009

 

I nostri figli nascono già metabolicamente compromessi, diabetici in predicato. L’obesità infantile è in preoccupante sviluppo. La salute futura si prepara - a partire dal concepimento - durante la vita uterina. Figli sani, forti e ben sviluppati sono la naturale e ragionevole aspettativa di tutti. Molti si chiedono per quanto ancora continueremo ad aggredire l’intestino delicatissimo e indifeso di un bimbo di pochi mesi con pappine e alimenti a base di cereali e di glutine con le terribili conseguenze che più avanti andremo a dimostrare.

Fertilità
I danni della dieta agricola si manifestano ancora prima del concepimento, mettendo prima di tutto a rischio la fertilità. Uno studio della Queen’s University di Belfast, Gran Bretagna ha evidenziato che nei diabetici di tipo 1, il DNA degli spermatozooi risulta danneggiato anche se non vi è differenza nella concentrazione dello sperma tra soggetti sani e ammalati. Il 52% dello sperma dei diabetici presenta mutazioni che possono impedire la fertilizzazione dell’ovulo o favorire la nascita di bambini malformati. Inoltre una dieta prevalentemente vegetariana a base di cereali e legumi influisce negativamente sulla qualità del seme maschile. Ad esempio si è riscontrato – come studi animali avevano già a suo tempo evidenziato – che gli isoflavoni della soia diminuiscono la fertilità del seme maschile, indipendentemente da età, periodo di astinenza, consumo di alcol e caffé[1]. Uomini che consumano regolarmente prodotti a base di soia difettano mediamente di 41 milioni di spermatozoi / ml. rispetto a chi non ne consuma. Obesità e sovrappeso aggravano la situazione. In campo femminile si sono dimostrate analogie. Donne non vegetariane
con alimentazione che apporta buone quantità di proteine animali, zinco e colesterolo hanno una minore incidenza di irregolarità mestruali (4,9%) rispetto a donne vegetariane (26,5%)[2]. Problemi analoghi sono prodotti da diete a basso tenore di grassi, ipercarboidrate[3], anche se la relazione con abitudini vegetariane sembrano più sfumate quando i soggetti sono in buona salute e mantengono stabile il peso corporeo.  Fondamentali rimangono comunque un adeguato apporto calorico e soprattutto proteico, con particolare importanza delle proteine animali[4]. La carne in particolare risulta essere fondamentale nel rilascio di gonadotropine  e nella maturazione del follicolo[5].

Gravidanza e allattamento
L’influenza della nutrizione materna sul feto è tale da condizionarne completamente la salute nella vita adulta come ci dimostrano ormai una pletora di studi, al punto che si arriva a parlare di programmazione della salute.  La carenza di proteine nella dieta materna in gravidanza e nell’allattamento è - in assoluto - l’evento più dannoso per il nascituro. Una ricerca longitudinale[6] effettuata su 25.000 donne nel Regno Unito ha messo in relazione il peso del neonato con le malattie che avrebbe contratto nella mezza età. I nati sottopeso e male proporzionati per carenze di proteine ed eccesso di zuccheri nella dieta della madre, svilupparono problemi più frequenti di ipertensione, controllo della glicemia, colesterolo, insulina e malformazioni renali. Più di recente si è confermato[7] come chi nasce e viene allattato da madri nutrite con “cibi-spazzatura”, evidenzia nell’adolescenza una esacerbata adiposità e grasso perineale, con livelli più elevati di glucosio, insulina, trigliceridi, colesterolo nei confronti di coetanei pur nutriti di junk-foods ma nati da madri che avevano osservato una dieta prudente nella gravidanza. Già si era dimostrato su animali[8],[9] che una dieta ridotta sia pure limitatamente di proteine e calorie ha una influenza negativa sulla funzione renale del nascituro riducendo il numero dei nefroni e dei glomeroli e di conseguenza provocando ipertensione. Risultati analoghi sono stati osservati da Hoppe[10], la restrizione di proteine nel periodo pre e post natale ha ridotto di oltre il 30% la quantità dei nefroni e di conseguenza la funzionalità dei reni, anche se la pressione arteriosa in questo caso non è risultata alterata. Una serie approfondita di studi su animali individua altri effetti negativi delle diete a basso tenore proteico sul metabolismo degli zuccheri[11]. Si evidenziano alterazioni di sviluppo, appetito, leptina, trigliceridi, colesterolo, glucosio e resistenza all’insulina nonché sviluppo e crescita alterata degli organi riproduttivi nei maschi[12]. Ulteriori riscontri[13] si hanno a carico della funzionalità cardiaca con aumento del rischio cardiovascolare nei nati sottopeso da madri alimentate con dieta carente di proteine. Infine per lo stesso motivo si è visto come lo sviluppo del pancreas sia fortemente compromesso per riduzione delle cellule beta e per la produzione di insulina con conseguente intolleranza agli zuccheri nell’adulto. In particolare le femmine sono risultate più colpite se la carenza proteica veniva instaurata a metà gestazione, i maschi se avveniva alla fine. Avendo tra l’altro lo studio ridotto le proteine ma non le calorie, il deficit era colmato dagli zuccheri e anche questo fatto ha il suo significato. Viceversa[14] una dieta ricca di proteine durante la gestazione e l’allattamento assicura pressione, metabolismo degli zuccheri e peso corporeo corretti anche se il nascituro sarà nutrito con dieta normo oppure iper-proteica.

Infanzia
Una drammatica raccolta di studi e ricerche ci mette in allarme sullo sviluppo di gravi malattie autoimmuni, particolarmente il diabete di tipo 1 e la celiachia a seguito dello svezzamento e successiva nutrizione del neonato con i cereali. Delle nefaste conseguenze sulla crescita e sullo sviluppo dei bambini ne abbiamo già trattato all’inizio di questo lavoro parlando dei danni specifici che le graminacee producono indipendentemente dal loro indice e carico glicemico (nanismo, rachitismo, insufficienze nutrizionali e così via). Norris e colleghi hanno seguito per almeno 4 anni 1.183 neonati dei quali 321 predisposti per genotipo al diabete di tipo 1 e 863 non predisposti[15]. Lo svezzamento è avvenuto secondo modalità tradizionali principalmente con pappine a base di cereali e latte di soia. Lo studio ha evidenziato una finestra temporale – tra i 4 e i 6 mesi - nella quale esporre ai cereali il bambino presenta un rischio diabete del 2,15% che raddoppia letteralmente se l’esposizione avviene prima del quarto mese (4,3%) o successivamente al sesto (5,36%). Responsabile la gliadina del glutine e una globulina del grano, la Glb1. Anche l’elevato carico glicemico dei cereali contribuisce all’aumento degli auto-anticorpi responsabili della distruzione delle isolette pancreatiche. Il rischio maggiore evidenziato prima del quarto mese è spiegato con la fragilità della parete intestinale del neonato e le scarse difese immunitarie; i rischi successivi al sesto mese con la quantità stessa del pasto che comporta un carico di gliadina e globulina maggiore. Altri dati sono risultati essere i seguenti:

·         il rischio di contrarre diabete di tipo 1 dopo esposizione ai cereali è analogo indipendentemente dalla predisposizione genetica e dalla familiarità.

·         L’allattamento al seno prima e durante lo svezzamento riduce - di poco – questo rischio.

·         Il latte di vacca è estraneo  all’insorgenza del diabete di tipo 1.

Diabete di tipo 1 e celiachia sono molto vicini sia come epidemiologia sia come fattore scatenante, che risulta essere, in ambedue i casi, la gliadina del glutine. I celiaci sono sempre portatori di auto-anticorpi del diabete 1 che una volta instaurati  - anche con la soppressione del glutine fino a 12 mesi – rimangono presenti. Uno studio mirato su 1.560 neonati a rischio celiachia o consanguinei di diabetici è stato realizzato sempre dal Norris[16] che nell’arco di 10 anni (media del follow up 4,8 anni) ha verificato l’insorgere di 51 casi, il 3,4%. L’esposizione ai cereali, grano, orzo, segale che contengono prolammine e glutine induce risposte autoimmuni. La gliadina è ancora il principale imputato mentre riso e avena che non contengono glutine risultano neutri da questo punto di vista. Confermata la finestra di minore rischio tra i 4 e i 6 mesi e le analogie col diabete di tipo 1. sempre secondo Norris[17] un aiuto può venire dal consumo di acidi grassi omega 3 e omega 6 che secondo l’autore sono inscindibili per la loro azione sinergica. Un follow up decennale su 1.770 bambini a rischio diabete perché geneticamente predisposti  - dei quali 58 hanno successivamente sviluppato la malattia) ha evidenziato una riduzione del rischio minima ma già significativa dello 0,45%.

REFERENCES

1 J.E.Chavarro et al SOY FOOD AND ISOFLAVONE INTAKE IN RELATION TO SEMEN QUALITY PARAMETERS AMONG MEN FROM AN INFERTILITY CLINIC Human Reproduction: 1-7, 2008

2 A.B.Pedersen et al MENSTRUAL DIFFERENCES DUE TO VEGETARIAN AND NON VEGETARIAN DIETS Am J of Clin Nutrition 1991; 53: 879-885

3 S.J.Barr VEGETARIANISM AND MENSTRUAL CYCLE DISTURBANCES: IS THERE AN ASSOCIATION? Am J of Clin Nutrition 1999; 70 (suppl): 549S-554S

4 H.Correa, J.Jacoby NUTRITION AND FERTILITY: SOME ICONOCLASTIC RESULTS The Am J of Clin Nutrition,  31: August 1978 pp 1431-1436

5 P.B.Hill et al GONADOTROPHIN RELEASE AND MEAT CONSUMPTION IN VEGETARIAN WOMEN The Am J of Clin Nutrition 43: January 1986, pp 37-41

6  K.M.Godfrey, D. JP Barker FETAL NUTRITION AND ADULT DISEASE Am J of Clin Nutrition 2000; 71 (suppl): 1344S-1352S

7 S.A.Bayol et al OFFSPRING FROM MOTHERS FED A “JUNK FOOD” DIET IN PREGNANCY AND LACTATION EXHIBIT EXACERBATED ADIPOSITY WHICH IS MORE PRONIUNCED IN FEMALES The Journal of Physiology, May 8, 2008

8 L.L.Woods, D.A.Weeks PRENATAL PROGRAMMING OF ADULT BLOOD PRESSURE: ROLE OF MATERNAL CORTICOSTEROIDS Am J Physiol regul Integr Comp Physiol, 2005 Oct; 289(4): R955-R962

9 L.L.Woods, et al PROGRAMMING OF ADULT BLOOD PRESSURE BY MATERNAL PROTEIN RESTRICTION: ROLE OF NEPHROGENESIS Kidney Int, 2004 Apr; 65(4): 1339-1348

10 C.C. Hoppe et al COMBINED PRENATAL AND POSTNATAL PROTEIN RESTRICTION INFLUENCES ADULT KIDNEY STRUCTURE, FUNCTION, AND ARTERIAL PRESSURE Am J Physiol Regul Comp Physiol, 2007 Jan; 292(1): R462-R469

11 E.Zambrano et al  A LOW MATERNAL PROTEIN DIET DURING PREGNANCY AND LACTATION HAS SEX-AND WINDOW OF EXPOSURE-SPECIFIC FFECTS ON OFFSPRING GROWTH AND FOOD INTAKE, GLUCOSE METABOLISM AND SERUM LEPTIN IN THE  RAT J Physiol, 2006 Febr 15; 571(Pt 1): 221-230

12 E.Zambrano et al  A MATERNAL LOW PROTEIN DIET DURING PREGNANCY AND LACTATION IN THE RAT IMPAIRS MALE REPRODUCTIVE DEVELOPMENT J Physiol, 2005 Feb 15; 563(Pt 1): 275-284

13 D.S.Fernandez-Twinn et al MATERNAL LOW-PROTEIN DIET PROGRAMS CARDIAC BETA-ADRENERGIC RESPONSE AND SIGNALING IN 3-MO-OLD MALE OFFSPRING Am J Physiol regul Integr Comp Physiol 291: R429-R436, 2006

14  C.Thone-Reineke et al  HIGH-PROTEIN NUTRITION DURING PREGNANCY AND LACTATION PROGRAMS BLOOD PRESSURE, FOOD EFFICIENCY, AND BODY WEIGHT OF THE OFFSPRING IN A SEX-DEPENDENT MANNER Am J Physiol Regul Integr Comp Physiol 2006 Oct; 291(4): R1025-R1030

15  J.M.Norris et al TIMING OF INITIAL CEREAL EXPOSURE IN INFAANCY AND RISK OF ISLET AUTOIMMUNITY JAMA, 2003;290(13): 1713-1720

16  J.M.Norris et al RISK OF CELIAC DISEASE AUTOIMMUNITY AND TIMING OF GLUTEN INTRODUCTION IN THE DIET OF INFANTS AT INCREASED RISK OF DISEASE JAMA, 2005;293(19): 2343-2351

17 J.M.Norris et al OMEGA-3 POLYUNSATURATED FATTY ACID INTAKE AND ISLET AUTOIMMUNITY IN CHILDREN AT INCREASED RISK PER TYPE 1 DIABETES  JAMA, 2007;298(12): 1420-1428

GC

LA SOIA
La soia, glycine max, è una pianta delle Leguminose, originaria dell’Asia orientale. Il suo fagiolo, usato una volta per la nutrizione animale, è di recente entrato nel novero degli alimenti benefici,  “induttori di salute”. La coltivazione della soia ha prodotto nella sola America del Sud la distruzione di 50 milioni di ettari di foresta. La si usa come integratore proteico, addizionata a prodotti da forno, come latte alternativo anche per i neonati. In realtà al pari dei cereali e degli altri legumi, la soia non contiene proteine nobili, zinco e ferro ma viceversa è molto ricca di antinutrienti come gli inibitori della tripsina (mancato assorbimento proteico), i fitoestrogeni  (influendo sul sistema ormonale disturbano lo sviluppo e la riproduzione), l’acido fitico (impedisce l’assorbimento di ferro e zinco), gli isoflavoni che interferiscono col ciclo mestruale e creano problemi di fertilità. Durante i processi di lavorazione della soia si formano inoltre nitrosammine, sostanze provatamente cancerogene.

La soia
Luciano Giannazza
www.medicinenon.it