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La tribù. Unica, vera società umana

Giovanni Cianti, 12 Maggio 2009

La società umana

L’uomo è un animale di branco. Il branco o tribù è stato il primissimo sistema di aggregazione dell’essere umano ed è la struttura sociale durata più a lungo. Il tribalismo nasce indubbiamente da un adattamento evolutivo. Quattro milioni di anni fa, divenuti bipedi, i nostri progenitori che non avevano né zanne, né artigli si trovarono a fronteggiare, praticamente indifesi, i grandi predatori. Non potevano sperare di batterli nella corsa e oramai avevano perso la capacità di arrampicarsi velocemente sui rami più alti degli alberi. Solo con la collaborazione dei propri simili potevano sperare di scamparla e come ancora oggi fanno gli scimpanzé davanti al pericolo, scoprirono che saltando e strillando potevano sconcertare e allontanare la fiera. Per due milioni di anni questa tecnica  consentì loro di essere erbivori di successo, finché due, tre milioni di anni fa cambiando le loro abitudini alimentari, applicarono la tecnica del gruppo alla caccia rendendola più proficua e funzionale. Sicuramente dalla cooperazione del clan deriva una maggiore possibilità di sopravvivenza e di nutrimento. Questa pulsione sociale così come l’istinto materno, la curiosità, la compassione, l’inventiva è frutto dell’evoluzione e quindi completamente istintiva perché necessaria alla sopravvivenza. Di conseguenza non può essere modificate dalla cultura, anche se l’intelletto può intervenire su un istinto espresso in modo eccessivo trasformandolo in un comportamento più accettabile e vantaggioso. Come vedremo più avanti gli interventi sull’istinto tribale innescati dall’agricoltura sono stati vantaggiosi per lo sviluppo della civiltà ma estremamente punitivi per la famiglia, per l’individuo e per la sua felicità. La struttura di una tribù era relativamente semplice, composta da pochi individui con scarse distinzioni sociali. Si trattava di piccoli gruppi, 10 - 30 persone che potevano arrivare anche a 100 se le condizione dell’habitat erano particolarmente favorevoli. Prevalentemente nomadi non avevano una struttura gerarchica ma egualitaria, con una precisa distinzione dei compiti, agli uomini la caccia, alle donne la raccolta. Queste occupazioni impegnavano poche ore della giornata e molto tempo veniva dedicato al gioco, all’ozio, alle piccole curiosità. Lo studio delle società tribali ancora esistenti ci consente di registrare una distinzione importante legata principalmente all’ambiente e di conseguenza alla disponibilità del cibo. Se il territorio offre scarsa selvaggina tale da essere sufficiente solo per uno o pochi giorni la struttura sociale ha caratteristiche molto semplici e viene definita IR (immediate return), viceversa quando i frutti della caccia sono copiosi, il cibo in eccesso viene lavorato e conservato, allora si parla di DR (delayed return) e la società appare più complessa[1]. Queste sono le principali diverse caratteristiche:

società a ritorno immediato (IR)

·        cibo consumato immediatamente

·        gruppi non stabili e nomadi

·        nessuna istituzione, regole semplici e flessibili, strettamente egualitaria

·        impegni a breve scadenza, individualismo e                                                    indipendenza

·        condivisione del cibo e degli strumenti, sanzioni a chi accumula proprietà personali

·        accesso libero al territorio

società a ritorno ritardato (DR)

·        il cibo in eccesso viene lavorato e conservato

·        i gruppi non sono più stabili, restano però legati strettamente e sono solo parzialmente nomadi

·        esiste un capo, un consiglio di saggi, regole complesse e un ordine superiore di legami come i clan, le fratrie, le parti

·        impegni e legami sono considerati importanti

·        esiste la proprietà del cibo e delle donne, c’è scarsa condivisione

·        il territorio resta libero ma è controllato dal gruppo, nasce la proprietà su alcune risorse.

Ovviamente questi studi trovano obiezioni nel fatto che le tribù oggetto di analisi sono in ogni caso “contaminate” dai contatti col mondo agricolo, pastorale o industrializzato e di conseguenza è ardito basare sulle loro consuetudini le nostre interpretazioni della preistoria. Per ovviare a questo problema si sono analizzati i vari livelli di rapporto intercorsi tra la civiltà e questi popoli, dal semplice contatto agli scambi sporadici, all’acculturamento, assimilazione o addirittura come spesso è accaduto, all’annientamento. Si è resa così più razionale la comprensione della società tribale. D’altronde ulteriori, recenti ricerche danno conferme scientifiche a queste ipotesi. Secondo questi studi la dimensione del cervello dei primati è determinata dalla dimensione del gruppo sociale. Il cervello umano ad esempio è in grado di interagire e comprendere pienamente un massimo di 150 individui. Oltre tale numero ricorre a schemi gerarchici, a stereotipi. Per questo le strutture sociali contemporanee non hanno avuto successo cercando di combinare gli istinti tribali di egualitarismo e di solidarietà con la complessità della vita attuale. Gli istinti tribali, frutto di milioni di anni evolutivi sono funzionali solo a piccoli gruppi non alla innaturale e insuperabile impersonalità delle masse. Le società di massa rende l’individuo competitivo e perciò insicuro e aggressivo in contrasto con il naturale equilibrio dell’uomo pienamente presente alla vita, competente, cooperativo e altruista. Di questo tutti noi siamo ben consapevoli.

 

Il neo  tribalismo

Di conseguenza gli antropologi hanno rivisto notevolmente il concetto di tribù, finora considerato solo come fossile sociale. La vita all’interno della tribù è vita facile e sana. Qualcuno ha definito le culture tribali come le “prime società del benessere” non per il possesso di beni ma per la loro combinazione di agio unito ad assenza di bisogni. Piccole comunità aperte, egualitarie, cooperative e senza classi sociali. E’ ragionevole pensare che questo sia lo stato naturale dell’umanità frutto di milioni di anni evolutivi. Non è ovviamente applicabile alle masse, come la tragedia del comunismo ci ha dimostrato, ma presuppone piccoli gruppi entro il numero appunto di 150 persone. La nuova rivoluzione tribale tratteggiata da Daniel Quinn sostiene infatti che le civiltà nate dal totalitarismo agricolo non hanno mai funzionato e se cerchiamo un modello naturale di società dobbiamo guardare alla preistoria.

GC
 


I BOSCIMANI
I Bushmen, indicati anche come San o Khoisan sono il più arcaico gruppo culturale africano, i più vicini alla specie sapiens dalla quale emergeranno successivamente i neri. Il loro DNA differisce da quello di qualunque altra razza africana e sono arrivati virtualmente intatti dalla preistoria fino ai nostri giorni. Pelle chiara e giallastra, precocemente grinzosa, sono rimasti cacciatori – raccoglitori e il loro territorio occupa attualmente lo Zambesi e il Botswana.

 

LE TRIBU’ BOSCIMANI

I San vivono in clan di 120 o più individui, costituiti da gruppi familiari con legami non troppo stretti. Ciascun clan ha un territorio a disposizione che rispetta scrupolosamente. L’attitudine sociale è di cooperazione, non esiste la proprietà e le prede cacciate sono condivise con tutti. Alcuni di loro sono artisti e pittori, autentici professionisti che passano di tribù in tribù per realizzare le proprie opere. Amano la musica e la danza e condividono ogni decisione in discussioni cui tutti partecipano

 

L’ULTIMO”ROMPICAPO”
Il DNA umano differisce da quello delle scimmie solo per il 2  - 3%. Uomini e scimmie hanno tra l’altro una importante caratteristica in comune, il cervello è notevolmente sviluppato in relazione al corpo. Secondo molti scienziati questo è dovuto alla complessità della loro vita sociale. Il Prof. Robin Dunbar è uno psicologo evoluzionista che studia da anni il comportamento sociale dei primati. Le sue ricerche lo hanno portato a concludere che lo spessore della neocorteccia, la parte “pensante” del cervello è in relazione al numero di rapporti interpersonali sostenibili. Oltre questo numero i primati ricorrono a stereotipi. Per l’uomo il numero massimo sostenibile all’interno di un gruppo sociale è 150, mentre sono 12 gli stereotipi basilari più usati.
The ultimate brain teaser Liverpool University Research Intelligence, Issue 17

 

ROBIN  IAN  MACDONALD DUNBAR

Nato nel 1947 in Africa, Dunbar è un antropologo e biologo  evoluzionista  inglese specializzato nel comportamento dei primati. E’ conosciuto per avere formulato l’equazione che fornisce il numero di Dunbar come limite cognitivo di individui con i quali si può mantenere una relazione stabile. Dal 2007 è Direttore dell’Institute of Cognitive and Evolutionary Anthropology della Università di Oxford.

 

 

[1] D.Stiles HUNTER-GATHERER STUDIES:THE IMPORTANCE OF CONTEXT (2001) African Study Monographs, suppl.26: 41-65